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Antonio Grosso: storico e ricercatore gastronomico

Molto semplicemente, forse, anche schematicamente, non vorrei partire, come da “scontate consuetudini”, dalla descrizione “di chi sono” o “le cose che ho fatto o rappresentato”, ma quale contributo posso offrire alla ricerca legata alla gastronomia, intesa come avventura del cibo in uno “spazio antropologico”, come “valore sensibile” e “matrice culturale. Mi chiamo Antonio Grosso, mi occupo di ricezione alberghiera, di storia gastronomica e di scrittura, adoro il buon cibo, la condivisione e la storiao le “storie” dei popoli con i loro usi e costumi. Credo che il risorgimento illuminato della tavola, intesa come piacevolezza del convivio nasce dalla necessità di affrancarsi dalle graffianti barbarie della vetusta logica alimentare quasi barocca-trionfalistica , variante triviale dell’antiquata scienza molecolare, sostituendola con un nuovo sapere gastronomico funzionale all’alacrità disincantata di una consapevolezza audace e riflessiva, agile, spregiudicata, per il cui corretto uso bisogna liberare la mente dal grossolano nutrimento per passare all’identità come memoria sensoriale ed educativa, non come vincolo storico, ma come esaltante possibilità. 

Ogni paese ha le proprie abitudini alimentari, frutto di una memoria storica che si è tramandata di generazione in generazione e che ha fatto si che attorno al cibo delle nostre “nonne” si radicasse la nostra cultura. Il sistema alimentare, del resto, porta dentro sé la cultura di chi lo pratica, ogni rito di cottura o di semplice preparazione di un pasto è qualcosa che si è strutturato nel corso del tempo, divenendo depositario delle tradizioni  del posto e dell’identità del gruppo.  Uno strumento straordinario veicolo di auto-rappresentazione e di scambio culturale. Il cibo racconta così una storia: quella dei luoghi in cui è stato fatto, delle persone che l’hanno fatto, delle tradizioni dei paesi da cui proviene.  Ciò che chiamiamo cultura si colloca al punto di intersezione  fra tradizione e innovazione. E’tradizione in quanto costituita dai saperi, dalle tecniche e dai valori che ci vengono tramandati.  E’ innovazione in quanto quei saperi, quelle tecniche e quei valori modificano la posizione dell’uomo nel contesto ambientale , rendendolo capace di sperimentare realtà nuove. La cultura è l’interfaccia tra le due prospettive. Armonizzare al meglio i propri ritmi di vita con quelli della Natura è sempre stata un’esigenza primaria degli uomini, che però, al tempo stesso, perseguirono l’obiettivo di controllare, modificare e in qualche modo contrastare i tempi “naturali”.

È in gioco la nostra capacità di non essere sudditi rassegnati, consumatori passivi, ma attori consapevoli delle scelte che facciamo. Il diritto a un cibo culturalmente adeguato e sano va difeso. I produttori del cibo buono, quelli non ancora segnati dallo strappo del cordone ombelicale con la terra, posseggono un sapere che non si impara a scuola, che non si calcola con formule matematiche, ma che è la risultante di un rapporto simbiotico con tutto il creato. La distanza creatasi tra produttori e consumatori non è soltanto una distanza ideale, rappresentata dalla loro reciproca incomunicabilità, dal loro antagonismo, dal loro vivere in mondi diversi, ma entrambi obnubilati dalla politica del profitto e del consumismo sfrenato. Bisogna ripristinare lo spirito di adattamento locale, rilocalizzare; avere la conoscenza che il cibo è una rete di coproduzione, dove le conoscenze devono essere condivise e i metodi del processo sostenibili. Si assiste sempre più a una sorta di appiattimento, o peggio un eccidio culturale, durante il quale i saperi di una volta perdono valore e significato. Infatti, la stessa saggezza contadina, per quanto non certa o dimostrabile come la scienza ufficiale, ha un elemento di buon senso che non si rintraccia più nel calcolo, che non insegue il profilo ma la sopravvivenza stessa, nel modo migliore possibile. La lentezza ri-qualifica quell’educazione e quel sentimento di appartenenza comunitario e lo attualizza con l’incontro, lo scambio, il dono, la partecipazione.

Scritto da Antonio Grosso

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