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Cantina Maciot: il vino buono da agricoltura biondinamica

Il mio arrivo nel Monferrato Astigiano

È ormai sera, dopo quasi otto ore di viaggio in macchina stiamo per raggiungere la nostra destinazione: un agriturismo immerso nella campagna piemontese poco distante dal centro di Cocconato D’asti, un piccolo borgo che dall’alto della collina domina le vallate del basso Monferrato Astigiano dove il tempo sembra essersi fermato.

Chiamo Massimo, il proprietario dell’agriturismo Cascina Rosengana e lo informo del nostro arrivo, mi dice che sarà lì tra 5 minuti, giusto il tempo di finire la mungitura perché da queste parti il latte te lo servono “fresco di mucca”.

Siamo qui per visitare la Cantina Maciot dove Paolo Macchia coltiva i suoi vigneti in agricoltura biodinamica.

Arriviamo in Cantina a piedi passando per il borgo, lui mi viene incontro e dopo aver scambiato qualche battuta sul viaggio inizio a porgli le mie domande:


Paolo, perché la tua Azienda si chiama MACIOT?

L’abbiamo chiamata Maciot perché questo è il nomignolo con cui chiamavano nostro nonno Ernesto Macchia, classe 1899, un ometto non tanto alto (circa 1.65 cm) e proprio per questo suo essere minuto lo chiamavano Maciot che nel dialetto piemontese significa “piccola macchia” (macchiotto).

 

 Come inizia la tua storia nel mondo del vino?

I miei nonni Ernesto e Luigi, erano contadini e gestivano l’Azienda Agricola di proprietà per il loro sostentamento. Avevano due mucche, dieci filari per la produzione di vino, l’orto per le verdure e coltivavano il grano che poi portavano a macinare al mulino.

Abbiamo ripreso i vigneti dei nonni e abbiamo iniziato la vinificazione per noi e per gli amici.

Successivamente sono arrivate sempre più richieste dei nostri vini da parte di clienti veri e propri, i quali ci hanno fatto decidere di impiantare nuovi vigneti e nel 1994 costruire la nostra Cantina.

Abbiamo sempre lavorato in biologico, poi nel 2013 abbiamo ottenuto la Certificazione Demeter per l’agricoltura biodinamica.

Simona Abate e Paolo Macchia all’interno della Cantina Maciot

Qual è il tuo rapporto con la terra?

Io mi considero un custode e un osservatore delle mie vigne.

Siamo contadini che lavorano ancora con la zappa, camminiamo sulla nostra terra, ne sentiamo il profumo, ne percepiamo i cambiamenti. Tutto ciò ci differenzia dai contadini moderni che riconducono il loro lavoro all’utilizzo di macchine sostitutive dell’uomo.

Cosa ne pensi dei trattamenti in agricoltura biologica?

Sono come quelli che si usano in agricoltura convenzionale ma con tempi di carenza più veloci, nel senso che le sostanze rimangono meno tempo a contatto con la pianta.

Nell’agricoltura biologica c’è un approccio diverso nei confronti della vitalità della terra, ad esempio i concimi che si possono usare consistono in sali minerali di pronto assorbimento ed è lontano dalla mia visione di agricoltura perché io non devo andare a costruire la mia pianta di vite in un ambiente ovattato dove gli spruzzo qualsiasi cosa, ma devo fare in modo che tramite la microbiologia del terreno, questa possa ben radicarsi e riuscire a difendersi da sola perché il cervello della pianta è proprio nella radice.

In un solo centimetro cubo di terreno ci sono 3 miliardi di esseri viventi tra batteri, lieviti e micorrize per cui se ci vai a spruzzare delle sostanze chimiche, tutta questa vita viene distrutta e di conseguenza il terreno si atrofizza, rimane compatto… in pratica muore tutto ciò che si trova sopra e sotto la terra.

PUOI PARLARCI DEI TUOI PREPARATI BIODINAMICI?

In agricoltura biodinamica utilizzo il Fladen che ha la capacità di stimolare i processi di decomposizione e degradazione della sostanza organica a favore del ciclo del detrito. Questo preparato è basilare poiché la materia organica non vivente che si deposita nel suolo deve poter essere elaborata e metabolizzata al meglio. Poi abbiamo la Valeriana (il 507) lasciata fermentare al buio che apporta calore ed è utile in caso di gelate e per coprire il cumulo sul quale vengono spruzzati, dopo la dinamizzazione anche gli altri preparati come il 502,503,504,505, e 506.

Poi c’è il corno letame (preparato 500), ossia letame fresco di vacca compostato ed interrato in un corno di mucca a metà novembre e viene poi estratto a ridosso della Pasqua ritrovando un prodotto scuro, che profuma di terra e sottobosco, fresco, umido e colloidale… incredibile se si pensa che pochi mesi prima si presentava come letame maleodorante.
Il corno letame è uno “lievito” dei processi vitali della terra, e può essere considerato un attivatore della formazione dell’humus e della radicazione delle piante che io uso nella misura di 3/400gr per ettaro, dopo averlo dinamizzato nel dinamizzatore da noi costruito in Azienda usando una vecchia barrique e poi sparso verso sera sul terreno umido.

Parlaci dei tuoi vini

La produzione di uva da vino, proviene dalle vecchie vigne dei nonni Ernesto e Luigi e da nuovi impianti realizzati successivamente.

Le rese non superano mai i 70 q. a ettaro nei nuovi impianti, per scendere nelle vecchie vigne.
Il clima particolare con le estati fresche e gli inverni miti, dovuti all’altezza delle colline di Cocconato, aiuta anche nelle cattive annate a raggiungere una produzione di elevato standard.

Le uve vengono trasportate in cantina con cassette, per evitare ammostamenti e subito pigiate con diraspatura.
La fermentazione, che avviene senza inoculo di lieviti selezionati bensì spontanea, caratterizza ancor di più il prodotto finale.

La maturazione dei vini avviene in acciaio, in botte grande (30 q) o in barriques (225 l) a seconda del prodotto.
La produzione di vino è incentrata sulla Barbera d’Asti, con piccole partite di Merlot. Negli ultimi anni abbiamo aggiunto il Nebbiolo, il Grignolino ed il Sauvignon Blanc dalla nuova vigna di Roasino.

L’ORA DEL RISTORO…

Dopo la visita ai vigneti e alla Cantina ci è venuta una certa fame.

Paolo ci porta alla “Cantina del Ponte” il ristorantino gestito dai figli Enrico e Letizia.

Ordiniamo i Cocconati, ravioli ripieni di prosciutto crudo e robiola con una salsina di burro ed erbe aromatiche, la carne cruda Bio di Bue Grasso Piemontese con nocciole, il Tonnato di Fassone Piemontese, i Tajarin con farina tipo 2 accompagnati da una salsa di burro e nocciole e una Schiciola con raschera dop e salsiccia.

Carne cruda Bio di Bue Grasso Piemontese con nocciole
Tonnato di Fassone Piemontese

Mi faccio portare il Grignolino D’asti “Vigin” annata 2020, dalla stessa vigna che Paolo mi ha appena fatto visitare e che per lui è uno dei terreni migliori di tutta la zona… e infatti ciò che si presenta nel calice è un vino con un profumo delicato di frutti rossi, ma anche di terra e di corteccia. In bocca ci conquista con la sua mineralità e quel tannino smussato che rende davvero piacevole la beva, un vero compagno della tavola!

Grignolino “VIGIN” annata 2020

Salutiamo Paolo e sulla strada del ritorno incrociamo per l’ultima volta i bellissimi paesaggi del Monferrato Astigiano, respirando con nostalgia l’aria della campagna e godendoci gli ultimi istanti di pace e quiete che solo un piccolo borgo come Cocconato D’Asti è in grado di regalarci.




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