Un calice di vino per infiammare i cuori alla passione politica e all’amore
Per i Greci del VII-VI secolo a.C. il Simposio, come conferma la sua etimologia “bevuta insieme”, è un’occasione per riunirsi tra compagni della stessa eteria( classe sociale) per decidere le azioni politiche ed eventualmente militari contro le eterie avverse, ma è soprattutto il momento per scambiarsi componimenti poetici, il tutto preceduto ed accompagnato da bevute di vino, allungato con acqua e talvolta miele in una proporzione precisa e in una quantità stabilita in un massimo di tre coppe di vino, perché ci sia la lucidità per deliberare durante il bere e dare vita al canto poetico, che ha come oggetto le lotte politiche tra fazioni all’interno delle poleis, la riflessione pessimistica sulla brevità della vita e
I PIACERI DELLA VITA QUALI L’AMORE ED IL VINO
I frammenti riportati di seguito appartengono a due poeti, Alceo, originario dell’isola di Lesbo, concittadino di Saffo, e Anacreonte, di Teo, città dell’Asia Minore, attuale Turchia, un tempo abitata da coloni greci, e, per quanto corrotti, essi rappresentano uno spaccato di ciò che avveniva durante i simposi, dove il vino è il protagonista, in quanto riconosciuto come dono del dio Dioniso per gli uomini, come oblio dei mali, che ha il merito di scacciare, come conforto durante la stagione fredda, mentre imperversa una tempesta invernale, come antidoto al pensiero della morte ed invito a godere della gioia della giovinezza, o per festeggiare la morte del tiranno Mirsilo, o per dimenticare le sofferenze d’amore facendo a pugni con Eros, o per cantare la volubilità dell’animo innamorato ed infine per celebrare la gioia dell’amore e della poesia, come recita un frammento di Anacreonte che racchiude le tre componenti indissolubili del simposio,
il vino, l’amore e la poesia, nel quale il poeta greco espone il suo principio poetico secondo cui i componimenti del simposio non devono cantare le discordie e le guerre dolorose, ma solo la GIOIA…ΕΥΦΡΟΣΥΝΗ
Alceo fr.346 V.
πώνωμεν· τί τὰ λύχν’ ὀμμένομεν; δάκτυλος ἀμέρα·
κὰδ †δ’ ἄερρε κυλίχναις μεγάλαις †αιταποικιλλις†·
οἶνον γὰρ Σεμέλας καὶ Δίος υἶος λαθικάδεον
ἀνθρώποισιν ἔδωκ’. ἔγχεε κέρναις ἔνα καὶ δύο
πλήαις κὰκ κεφάλας, <ἀ> δ’ ἀτέρα τὰν ἀτέραν κύλιξ
ὠθήτω…
Beviamo: perché aspettiamo le lucerne? Un dito è il giorno;
ragazzo mio, tira giù grandi coppe decorate:
il vino, infatti, il figlio di Semele e Zeus, oblio dei mali,
donò agli uomini. Mesci mescolando una misura d’acqua e due di vino,
colme fino all’orlo, e l’una l’altra coppa
scacci…
Alceo fr.338 V.
ὔει μὲν ὀ Ζεῦς, ἐκ δ’ ὀράνω μέγας
χείμων, πεπάγαισιν δ’ ὐδάτων ῤόαι …
< ἔνθεν >
< >
κάββαλλε τὸν χείμων’, ἐπὶ μὲν τίθεις
πῦρ ἐν δὲ κέρναις οἶνον ἀφειδέως
μέλιχρον, αὐτὰρ ἀμφὶ κόρσαι
μόλθακον ἀμφι< > γνόφαλλον
Piove Zeus, giù dal cielo una grande
tempesta, sono fermi i corsi d’acqua
Di là
Tieni indietro l’inverno, aggiungendo
fuoco, e mescendo in abbondanza vino
di miele, poi sopra le tempie
morbida cingi all’intorno lana
Alceo fr. 38a V.
πῶνε[…….] Μελάνιππ’ ἄμ’ ἔμοι. τι[..].[
†ὄταμε[…]διννάεντ’ ᾿Αχέροντα μεγ̣[
ζάβαι[ς ἀ]ελίω κόθαρον φάος [
ὄψεσθ’, ἀλλ’ ἄγι μὴ μεγάλων ἐπ[
καὶ γὰρ Σίσυφος Αἰολίδαις βασίλευς [
ἄνδρων πλεῖστα νοησάμενος [
ἀλλὰ καὶ πολύιδρις ἔων ὐπὰ κᾶρι [
δ̣ιννάεντ’ ᾿Αχέροντ’ ἐπέραισε, μ[
α]ὔτω<ι> μόχθον ἔχην Κρονίδαις βα̣[
]μ̣ελαίνας χθόνος. ἀλλ’ ἄγ̣ι μὴ τα[
̣].ταβάσομεν αἴ ποτα κἄλλοτα.[
..]ην ὄττινα τῶνδε πάθην τα[
……ἄνε]μος βορίαις ἐπι
Bevi, bevi ed ubriacati,
Melanippo con me. Credi tu forse
quando varcato avrai
Acheronte, il gran fiume vorticoso,
credi tu che vedrai
la luce pura splendere del sole
un’altra volta? Amico,
non vagheggiare cose grandi mai.
Sisifo, il figlio d’Eolo,
il re che tra i mortali era il più saggio,
credette, pure, un giorno,
che sfuggito sarebbe egli alla morte.
Ma, pur saggio come era, due volte, per volere della sorte,
il fiume vorticoso,
l’Acheronte, varcò; dolori immensi
il re figlio di Crono
laggiù gli diede da soffrire, sotto
la nera terra. Ma i pensieri tristi
scacciamo, finchè giovani
siamo. Bisogna questa volta ancora
bere, e soffrire il male
che ancora voglia il dio farci soffrire
Alceo Fr.332
νῦν χρῆ μεθύσθην καί τινα πὲρ βίαν
πώνην, ἐπεὶ δὴ κάτθανε Μύρσιλος…
Bisogna ubriacarsi ora, bere anche
Se non si vuole, perché è morto Mirsilo…
Anacreonte Fr.38 G.
φέρ’ ὕδωρ φέρ’ οἶνον ὦ παῖ φέρε <δ’> ἀνθεμόεντας ἡμὶν
στεφάνους ἔνεικον, ὡς δὴ πρὸς ῎Ερωτα πυκταλίζω.
Porta acqua, schiavo, porta vino,
portami ghirlande fiorite:
voglio scazzottarmi con Eros
Anacreonte Fr.46 G.
Ἐρέω τε δηὖτε χοὐχ ἐρέω
χαὶ μαίνομαι χοὐ μαίνομαι.
Di nuovo amo e non amo,
son folle e non son folle
Anacreonte Fr.56 G.
Οὐ φίλος ὃς κρητῆρι παρὰ πλέῳ οἰνοποτάζων
νείκεα καὶ πόλεμον δακρυόεντα λέγει,
ἀλλ’ ὅστις Μουσέων τε καὶ ἀγλαὰ δωρ’Αφροδίτης
συμμίσγων ἐρατῆς μνῄσκεται ΕΥΦΡΟΣΥΝΗΣ
Non amo chi bevendo presso il cratere colmo,
celebra le discordie, la guerra dolorosa;
amo chi, d’Afrodite unendo e delle Muse
i preziosi doni, canta solo la GIOIA